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domenica 5 novembre 2017

Il dramma Regeni e il deficit della politica estera italiana - parte seconda



La verità riguardante la misteriosa morte di Giulio Regeni è allegoricamente rappresentalbile come un miraggio: più il reggiungimento di una verità appare prossimo al nostro pensare eticamente, maggiore è la velocità con la quale la medesima pare svanire.

La morte di Regeni, per le Istituzioni italiane seguita a rappresentare un non trascurabile fardello: la ricerca di indizi e prove, così come le instabili relazioni diplomatiche, hanno palesato e palesano tutt'ora, l'italica debolezza rispetto al monolitico modus operandi del presidentissimo egiziano al Sisi; i vitali interessi economici industriali dell'Italia sono subordinati al ruolo stabilizzante egiziano nell'ambito della Geopolitica regionale. E non solo.

I commensali di Sua Maestà sono perfettamente a conoscenza del sifatto subordine e, consapevoli di questo, sono perennemente capaci di recitare un ruolo di prim'ordine rispetto alla rete relazionale degli attori della politica internazionale.

Ho sempre sostenuto il non certo innocuo ruolo dell'importante università britannica, certamente non per esser venuto a diretta conoscenza d'informazioni sensibili.

Occore studiare la Storia. 

E' fondamentale analizzarla ed interpretarla.

L'impegno funzionale delle accademie nella sempre rediviva Ragion di Stato è storicamente dimostrato e bibliograficamete confermato.

In Italia  avviene assai meno, eccezion fatta per alcuni coraggiosi giornalisti-storici in grado di affrontare le avversità archivistiche e della strada; gli storici si limitano a raccontare cronologicamente i fatti del passato.

Anche questo è un fattore critico limitante nella ricerca della verità nella vicenda Regeni.

Il dramma nel dramma, dove la famiglia del ricercatore, a mio avviso, vive intrappolata nelle grigie quanto oscure gabbie istituzionali, colorate di legittimità.

Ricordo bene il giorno in cui, durante il mio periodo di studio e ricerca, dialogando con un accademico non italiano, questi mi disse: "...durante i miei viaggi di ricerca nel Nordafrica e nel Vicino Oriente, non mi presento mai come ricercatore, ma soltanto come professore universitario o semplicemente come turista. Presentarsi in qualità di ricercatore, soprattutto apponedo tale qualifica nei documenti di riconoscimento, "ricercatore" in maniera eguale a quella di "giornalista", agli occhi delle istituzioni e delle popolazioni di quei luoghi, appaiono equivocamente o meno come spie".

E aggiunse: "occorre essere razionali e valutare il rischio, non andare oltre..." .

Pensando al caso Regeni, queste parole rappresentano un monito, una presa di consapevolezza utile ad individuare la giusta via verso la verità. Una verità che qualcuno sta comodamente e forse ingegnosamente costruendo. Con l'assurda italica cecità.

Il caso Regeni è l'ennesima dimostrazione del perenne deficit della politica estera italiana.




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