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Il Post - pensiero del Professor Alessandro Ceci

Analisi Culturale News propone la nuova rubrica "Il Post - pensiero del professor Alessandro Ceci.

IL POST-PENSIERO

La filosofia politica dei social 
 
106 - il globale soffoca il locale
È sempre più evidente il disinteresse dei cittadini verso la politica locale nei propri comuni (a meno che non si tratti della globalità di grandi città).
In altri termini, l'interesse per la politica è sempre più globale e sempre meno locale.
Ciò avviene, credo, per 3 motivi principali:
1- il primo riguarda la natura tipica della società della comunicazione che, come denunciato molto prima del tempo dai filosofi della politica, da Hannah Arendt a Michel Foucault, la comunicazione supera i corpi e i territori. Siamo ormai tutti civilizzati dai mezzi di comunicazione di massa generalisti e globalizzanti, per cui conosciamo meglio i protagonisti e i problemi del mondo di quanto conosciamo i nostri sindaci e i loro problemi (che appunto non ci sembrano più i nostri);
2 - il secondo aspetto riguarda la immaterialita' relazionale. Parliamo meglio con interlocutori diffusi in un network, in un dominio relazionale esteso e privo di contatto diretto, di quanto possiamo farlo negli incontri faticosi e insignificanti dove parlare in pubblico reclama una certa competenza. A forza di improvvisare tavoli, resta soltanto il tavolo. Ci sentiamo più protetti dall'assenza dell'altro che dalla sua essenza cognitiva, a meno che non sia in qualche modo anestetizzato, filtrato da uno schermo protettivo. Questa solitudine è l'effetto immediato delle nuove autocrazie, che ti isolano dai contesti e ti chiudono nella prigione di questo social. Alla fine le nostre relazioni si trasformano in rapporti parentali tranquillizzanti, senza comunità, al limite dentro le ristrette amicizie;
3 - il terzo aspetto riguarda la patetica (e interessata) presunzione della nostra classe politica municipale. Per anni vivono in un silenzioso solipsismo. Costruiscono mura di disprezzo e di delegittimazione soltanto per auroaffermazione, per sentirsi vivi, o per resistere con il loro micropotere locale. Alla fine consumano campagne elettorali di 15 giorni, rapide, per rapire eletti e rapinare gli elettori. Per non mostrare e dimostrare la loro deficienza (nel senso di deficit) si estraneano dal confronto sui problemi reali, per anni, e fingono di lamentarsi per il disinteresse dei cittadini perché snobbano le loro noiose celebrazioni rituali.
Insomma, il globale ormai soffoca il locale. E al locale nessuno è più interessato perché, in realtà, nel locale nessuno più ci vive.
È strano che questa transizione abbia colpito più la sinistra, da sempre attenta ai contesti globali, che la destra, molto più localizzata. Sarà forse perché i deficit da patetica presunzione che ostruiscono il confronto comunicativo sui contenuti reali scorpora più la sinistra che la destra dai propri elettorati?
È possibile.
 
 
105 - Alito talvolta maleodorante
Molti (i più) ritengono che l'astensione dal voto così massiccia nelle democrazie occidentali e nelle città, sia una dimostrazione del rifiuto verso la politica, la caduta di attrazione del messaggio politico.
Convinti da questa disaffezione strutturale i principali interlocutori ritengono che si tratti della massima espressione di un deficit politico, cioè l'ampia distanza tra la politica e la società.
Io non credo.
Non credo che si tratti di un deficit politico.
Non credo che l'astensione sia l"espressione estrema di un rifiuto.
Non credo che sia una manifestazione di dissenso e di disaffezione democratica alla politica.
Credo invece che si tratti di un deficit cognitivo: i cittadini non sanno più che e perché scegliere. E non sanno più scegliere perché non c'è più da scegliere. I cittadini denunciano con l'astensione una disaffezione verso se stessi; dichiarano con il massimo candore possibile e con la formula più evidente ed appropriata la propria incompetenza, la propria incapacità di selezionare il migliore dal peggiore, il progetto più attendibile da quello meno.
Si tratta, appunto della drammatica attestazione della propria incompetenza.
Si tratta dunque di un deficit cognitivo di massa utile al potere: meglio pochi elettori affidabili se non addirittura controllabili. Meglio pochi elettori fedeli che tanti elettori critici, senza il pesante impegno e la pressante responsabilità di dover decidere.
Questa sfiducia che induce alla incapacità di scegliere è il risultato di un decentramento culturale e comunicativo. Non più concetti, non più coerenza, non più nemmeno parole, ma fiati, alito vacuo e talvolta maleodorante. All"improvviso, dopo aver rifiutato il confronto per anni, dentro un comodo silenzio protettivo, dentro un mutismo ostinato e presuntuoso, all'improvviso, qualche ora prima del voto, ti chiedono il voto necessario per tornare a fare ciò che hanno sempre fatto. E, poiché fanno tutti così, non è colpa loro, sarà così che si farà.
Allora l*elettore davvero non da scegliere. È Incapace. Siamo noi a non capire. Siamo noi in un deficit cognitivo vero e proprio.
La domanda che ci attanaglia è: che c'è da scegliere?

La filosofia politica dei social - 

103 - resuscitare le foglie morte.


Di una teoria non si può dire che sia vecchia o giovane. Si può dire se è vera o falsa, se è o  no in simbiosi con la realtà e quanto.

Esiste una teoria giuridica attribuita al cattolico e liberale Carlo Arturo Jemolo denominata "Teoria delle foglie morte". Sosteneva che le norme cadute in desuetudine, cioè quelle che non venivano più applicate o rispettate perché la consuetudine comportamentale nella società era cambiata, dovevano decadere proprio come cadono le foglie morte da un albero: per permettere la ricrescita di altre foglie/norme in sintonia con gli stili di vita consuetudinari.

Ciò che sta accadendo in Italia è perfettamente il contrario: si costruisce una gabbia normativa per cercare di contenere gli stili di vita delle persone dentro i valori di chi comanda. Tuttavia, finché saranno possibili processi di democratizzazione reale, questa tecnica di contenimento conservatore tradizionale (il padre che punisce il figlio perché non fa ciò che vuole lui), non funzionerà e saranno le norme ad essere inefficaci e, come sosteneva Carlo Arturo Jemolo, a cadere pian piano in desuetudine. 

In ogni caso, la differenza tra un comportamento etico, trovare una ragione nelle dinamiche sociali e regolarla, e la morale, regolare le dinamiche sociali alla propria ragione, è tutta qui.

Solo che la morale individuale applicata alla politica, contro l'etica sociale, ha prodotto già nella storia il sonno della ragione e incommensurabili disastri.

La maggioranza che sostiene il nostro governo, per fortuna, non è così forte né così importante (e quando emette norme universali è semplicemente ridicola), ma la strada è indubbiamente quella.

 

La filosofia politica dei social -
104 - l'icocervo postpopulista.
Nel suo ultimo libro di interviste ("Poteri Illegittimi") Noam Chomsky definisce gli attuali movimenti conservatori, dai repubblicani di Trump al partito di Orban alla coalizione al potere in Italia (forse fino a Putin), come "protofascismo neoliberista"; un icocervo generato dalla ondata populista dedita alla "forma più spietata di neoliberismo" che si legano contraddittoriamente ad "alcuni sintomi del fascismo, tra cui il razzismo estremo, la violenza, il culto del leader [...] la costruzione di un mondo di《fatti alternativi 》e l'ondata di irrazionalità." (p. 52/53)
Caratteristica di queste organizzazioni "protofasciste" al potere sarebbe quella di essere totalmente priva di ideologia: "il controllo dello Stato sull'ordine sociale, comprese le classi imprenditoriali, e il controllo del partito sullo Stato, con il leader massimo al comando".
Senza ideologia (per ora ma non per molto) i conservatori occidentali si dedicherebbero principalmente, in modo indiretto e spesso occulto, a bloccare la diffusione della "teoria critica della razza", cioè la "espressione dispregiativa utilizzata per designare lo studio dei sistematici fattori strutturali e culturali presenti nella storia di schiavismo e repressione razzista (tuttora presente)".
Tuttora presente in diverse forme di repressione: dei diritti sessuali, dei diritti di accoglienza, dei diritti di convivialità. La repressione della diversità sessuale, il rifiuto degli immigrati, la repulsione verso l'islamismo e la restrizione delle madri carcerrate e dei "rave", in Italia, sarebbero tutti tentativi di soffocare la "teoria critica della razza" evidentemente per affermare un nuovo paradigma di razzismo acritico.
Sarà vero?
Rischiamo davvero di essere schiacciati da questo icocervo postpopulista con un corno "protofascista" ed un corno "neoliberista"?
Nell'ultimo libro che abbiamo scritto (con Elvio) questo pericolo è paventato, non come distruzione della democrazia formale (che non esiste più), ma come ostruzionismo ai processi di democratizzazione sociale, politica, economica e giuridica che spinge la nostra società verso un regime autocratico.
Finché non riapriremo un confronto critico, non pratico sulle architetture tecniche dei provvedimenti, ma pragmatico sugli impatti delle decisioni e le prospettive sociali, ragionevole, intellettuale, colto ed anche scientifico, noi, preda dell'ignoranza e del decervellamento, rischiamo davvero di lasciarci regolamentare la vita quotidiana, ostruire le nostre libertà e abrogare i nostri diritti dall'icocervo postpopulista.

La filosofia politica dei social 
 
103 - resuscitare le foglie morte.
Di una teoria non si può dire che sia vecchia o giovane. Si può dire se è vera o falsa, se è o no in simbiosi con la realtà e quanto.
Esiste una teoria giuridica attribuita al cattolico e liberale Carlo Arturo Jemolo denominata "Teoria delle foglie morte". Sosteneva che le norme cadute in desuetudine, cioè quelle che non venivano più applicate o rispettate perché la consuetudine comportamentale nella società era cambiata, dovevano decadere proprio come cadono le foglie morte da un albero: per permettere la ricrescita di altre foglie/norme in sintonia con gli stili di vita consuetudinari.
Ciò che sta accadendo in Italia è perfettamente il contrario: si costruisce una gabbia normativa per cercare di contenere gli stili di vita delle persone dentro i valori di chi comanda. Tuttavia, finché saranno possibili processi di democratizzazione reale, questa tecnica di contenimento conservatore tradizionale (il padre che punisce il figlio perché non fa ciò che vuole lui), non funzionerà e saranno le norme ad essere inefficaci e, come sosteneva Carlo Arturo Jemolo, a cadere pian piano in desuetudine.
In ogni caso, la differenza tra un comportamento etico, trovare una ragione nelle dinamiche sociali e regolarla, e la morale, regolare le dinamiche sociali alla propria ragione, è tutta qui.
Solo che la morale individuale applicata alla politica, contro l'etica sociale, ha prodotto già nella storia il sonno della ragione e incommensurabili disastri.
La maggioranza che sostiene il nostro governo, per fortuna, non è così forte né così importante (e quando emette norme universali è semplicemente ridicola), ma la strada è indubbiamente quella.

La filosofia politica dei social - 

102 - l'ipocrisia anti cristiana del governo. Lotto nel letto per un angolo di sonno che non trovo e approfitto della vana ricerca per la ricercata vanità del confronto culturale e politico. Da quando ho ascoltato la doppia repressione contro l'omosessualità, a cui viene sostanzialmente vietata la genitorialita', penso che questa scelta sia profondamente contraria alla essenza principale del cristianesimo.Potrei usare la vis polemica e giocare sugli equivoci della narrazione, a partire dalla mascolinità degli apostoli all'artificio della fecondazione di Maria, utero in prestito (se non proprio in affitto) alla esigenza di paternità di Dio.

Evito per non provocare e vado un argomento centrale.

Il messaggio di Cristo era interamente concentrato sulla richiesta di una società costruita, non sulla forma, ma sulla relazione d'amore. 

La sostituzione tra le strutture formali del potere e i contenuti relazionali della società, è il centro del messaggio di Cristo. L'amore scambiato con l'altro, non il vantaggio della vita eterna, non lo schema costi/benefici del bene, non una comoda sistemazione per l'eternità, è il messaggio universale cristiano all'umanità; chiunque sia l'altro: ricco o povero, sano o malato, autoctono o straniero, emigrato o immigrato, eterosessuale o omosessuale. Tutti trovano se stessi, non nella formalità del ruolo, ma nella sostanzialita' della relazione.

L'amore è il nucleo fondante della città di Dio. Cristo lo mostra e lo dimostra con la sua vita e, principalmente, con la sua morta. Ora che è Pasqua dovremmo saperlo.

Il governo conservatore della donna, madre e cristiana, fa perfettamente il contrario: abroga per legge l'amore per istituzionalizzato il ruolo del padre (maschio) e della madre (femmina).

Che vale andare la domenica a Messa, essere italiana e cristiana, se poi non si accoglie né l'immigrato, né l'omosessuale e si puniscono figli ignari perché  i  padri non corrispondono al cliché moralistico  del dominatore?

La preferenza sessuale non è né una colpa, né  una malattia, ma una connotazione individuale, personale, soggettiva. 

L'amore, invece, è universale e onnicomprensivo.

Cristo, come entità e come simbolo, era un archetipo, un arche-tipo, l'inizio, l'innovazione, dell'accettazione di ogni alterità senza distinzione. Per San Francesco, patrono d'Italia, questa accettazione dell'alterita', questa essenza del cristianesimo, era estesa ad ogni fenomenologia dell'esistente: al sole alla luna, agli animali, ad ogni fratello vivente. Mai e poi mai avrebbero accettato (e accetteranno) questo mediocre cliché conformizzato di rifiuto ed emarginazione dello straniero e dell'estraneo. 

Di questo sono certo. Denudarsi, liberarsi di ogni ricchezza e di ogni vestito, è il simbolo estremo del rifiuto del ruolo, di ogni ruolo, per esaltare la relazione d'amore. Cristo, che rifiuta di essere figlio di un padre e una madre (senza rinnegarli), non compie un atto presuntuoso di superiorità divina, ma un rifiuto di definizione di ruolo per la scelta della relazione d'amore tra compagni di viaggio. E gli apostoli non sono discepoli, ma sono liberi divulgatori comunicativi, messaggeri convinti e convincenti, che si impiccano ad un albero se scelgono il potere (il ruolo istituzionale) contro la parola (la relazione semantica).

Il significato del cristianesimo è chiarissimo anche nella narrazione biblica. In questo senso è molto più cristi miana la società della comunicazione dei network di quanto lo siano state la doppiezza medievale e la repressiva retorica della colpa (oggi mistificata come danno al minore) della società patriarcale fascista.

L' ipocrisia si taglia a fette.

Forse io non riesco a dormire, ma questi non vedono il bene nel mondo perché non sanno stare svegli! Non è nemmeno conservazione. Ormai è evidente che, dalla politica economica alla concezione! educativa e ai diritti civili, c'è una retroazione: un tentativo disperato e impossibile di contrastare la vita contemporanea e tornare indietro.

Ma dove?

IL POST-PENSIERO

La filosofia politica dei social - 

101 - l'eterna ripetizione dell'uguale

Trovo la politica economica del Governo vecchia di almeno 50 anni. 

Lo schema è semplice e dichiarato più volte: "Bisogna aumentare la ricchezza che è prodotta esclusivamente dalle imprese (intendendo industrie) le quali poi occuperanno, accumuleranno ricchezza che verrà redistribuita. "

È quanto si dice da sempre e mai realizzato semplicemente perché non è vero. 

Le imprese in Italia hanno fatto da anni fatturati da capogiro, ma non hanno assunto, l'occupazione non è aumentata, sono aumentati i risparmi. Per anni abbiamo favorito industrie cone la FIAT, e quale vantaggio ha avuto l'Italia in termini di occupazione e in termini di trasporti? Quando non ha avuto più interesse la FIAT se ne è andata e ha lasciato tutti gli occupati a piedi.

Quando le industrie hanno dislocato per avere un vantaggio sul basso costo della manodopera, quanta ricchezza è cresciuta in quei territori? Niente di niente.

E questo discorso viene continuamente propinato in una epoca in cui le prime 10 imprese del mondo non sono industriali ma imprese di micro consumo globale.

I paesi più ricchi al mondo (cioè con il reddito medio più alto) non sono paesi industriali (basta controllare). 

E allora?

Allora lo schema politico generale (dalla famiglia alla industria) è uno schema politico degli anni '60. Tuttavia, la storia non si ripete mai e, quando qualcuno ci prova, diventa una farsa.


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