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mercoledì 21 marzo 2012

L'isola che ti aspetti

E' all'ordine del giorno dei parlamentini e dei governi regionali che si succedono, secondo un preciso mandato che, noi cittadini (con tanti doveri, ma anche con qualche diritto!) dell'isola di Sardegna, quotidianamente ci confrontiamo. Cambiano i componenti della massima assise regionale e dei "governatorati" scelti, ma forse non cambia il modus pensandi di noi sardi che indiscutibilmente mai ci soffermiamo per affrontare il problema dei problemi: l'autoreferenzialità della classe politica nostrana. Una classe politica che coerentemente col modus operandi della classe politica nazionale, continua a comunicare con degli slogan senza contenuti. 
I partiti politici sono stati svuotati delle loro funzioni previste anche dalla Costituzione della Repubblica Italiana e men che meno assolvono a quelli che sono presumibilmente i loro obiettivi istituzionali: fornire una classe politica degna di questo nome, la quale sia in grado - o almeno ci provi - di dettare le linee guida per mantenere in vita - e magari far progredire - un Paese democratico qual è l'Italia.

La Sardegna è parte di essa, meglio parte essenziale di essa. In ogni momento della vita politica nazionale (e anche internazionale) la nostra società viene chiamata a dare il proprio contributo, senza se e senza ma. E' però palesemente constatabile quanto in questo processo venga meno, più spesso di quanto si possa credere, una equa reciprocità tale da poter garantire a noi - tutti i sardi indistitamente -  una pari dignità di trattamento in quelli che sono dei diritti acquisiti - oramai naturalmente, vista l'oggettiva difficoltà di movimento - e puntualmente disattesi.

La Sardegna terra di conquiste. Senza scomodare retoricamente la nostra millenaria storia, è sotto gli occhi di noi tutti, quanto, per nostro demerito, che ormai da lustri esprimiamo una classe politica non all'altezza della situazione - autoreferenziale per l'appunto - aumenti costantemente il livello di regresso economico, spesso e volentieri riconducibile a piani di sviluppo incoerenti con le differenti esigenze del nostro territorio; quel regresso economico tal volta accompagnato da una pericolosa chiusura culturale ed un'incerta coesione sociale.

So d'esser molto critico e magari di non trovare in ciò dei pareri favorevoli, ma è sotto gli occhi di ogni singolo sardo, quanto il nostro popolo stia soffrendo passivamente e spesso passivi in silenzio dinanzi al disagio che oggi, in piena crisi economica, ma ancor più politica rischia di gettare nel baratro i nostri sogni: un'isola dignitosamente e politicamente rispettata, che possa contribuire ad autodeterminare il proprio modello di sviluppo economico e socioculturale.

Un'isola di Sardegna che sia una volta per tutte consapevole delle proprie risorse non solo naturali, ma anche e soprattutto sociali. Un'isola in grado di chiudere con una classe politica votata alla retorica e alla conseguente autoreferenzialità.    

Paolo Sannia

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