L'archivio dei miei post

mercoledì 26 ottobre 2011

Analisi antroposociologica sugli eventi di microcriminalità a Macomer




Gli ultimi fatti di cronaca nera verificatisi nel territorio di Macomer meritano un'attenta analisi fenomenologica, al fine di non cedere alla retorica ed ai luoghi comuni.
L'allarme per il crescente numero degli episodi di micro-criminalità perpetrati quasi certamente – come dimostrano i fatti – da singoli individui, a mio avviso sono la risultante della convergenza di due elementi: il primo è conseguente al declino economico divenuto oramai strutturale nel medio-lungo periodo a causa delle forti lacune nell'ambito delle politiche e delle strategie di sviluppo soprattutto a livello nazionale; il secondo elemento è invece riconducibile al mancato rinnovo sinergico degli strumenti di prevenzione a livello non solo locale, ma anche e soprattutto nazionale: in un momento storico nel quale la proprensione al consumo è venuta a trovarsi fortemente in crisi, molti atti criminali quali alcune tipologie di rapina che fruttano esigui bottini, rappresentano non solo il luogo comune della necessità di beni primari (alimentari e vestiario) ma altresì il mezzo per soddisfare il desiderio di prodotti secondari, talvolta irraggiungibili e considerati fondamentali per lo status symbol che questi rappresentano (prodotti hi-tech, tv al plasma, telefonini, etc.).
Una prima considerazione è quella di ascrivere tale tipologia di fenomeni devianti ad una prerogativa delle comunità urbane industriali nelle quali, contrariamente a quelle rurali dove l'azione di controllo esercitata dai membri delle stesse è maggiormente efficace, in luogo dell'entità numerica della popolazione e dell'estensione della struttura urbanistica.
Affermo ciò perchè a mio avviso una delle principali cause alle quali io ascrivo - dal punto di vista antropologico - questa problematica, è quella conseguente alla “scissione di due mondi culturali”, ovvero sia quello agropastorale da una parte e quello industriale e dei servizi dall'altra, i quali hanno contraddistinto l'evoluzione del nostro paradigma sociale a livello locale, ma che attualmente – non di rado - si ripercuotono negativamente. Occorre ricomporre questa scissione e far convivere sinergicamente questi due “mondi”.
Premesso ciò, se per un verso è legittimo e corretto prestare costante attenzione ed allerta al fine di arginare tale fenomeno, per l'altro verso si rende palesemente necessario non creare eccessivi allarmismi: in primo luogo perchè questo genere di evento sociale che intacca la sfera emotiva dei cittadini, è si figlio di un disagio sociale, molto spesso diffuso a livello giovanile (ma non solo), ma è altresì il prodotto di un “vuoto” venutosi a creare prioritariamente (anche se non esclusivamente) nelle politiche di prevenzione e arginamento degli stessi fenomeni. Spesso infatti chi si occupa di fare l'analisi dei fenomeni criminali, si concentra fattivamente sull'effetto dell'azione deviante e marginalmente sulla causa.
Occorre quindi fare una costante opera di sensibilizzazione culturale e di educazione alla legalità, non come mero strumento divulgativo fine a se stesso, bensì come vera e propria azione di contrasto alla devianza.
Noi - come del resto tutti i territori della Sardegna – abbiamo conosciuto il triste periodo dei sequestri di persona che certamente è stato un fenomeno deviante non paragonabile ai piccoli (seppur significanti) episodi di micro-criminalità. Occorre quindi dare il giusto peso alla tipologia del fenomeno, dotandosi degli strumenti preventivi che siano in grado di diffondere effettivamente e concretamente la cultura della legalità quale forma massima di tutela e di riduzione degli stati d'insicurezza (l'ansia da pericolo) dei nostri concittadini.
Infine questi atti di micro-criminalità sono sempre più ascrivibili all'ormai declinante politica della sicurezza a livello nazionale che, in funzione delle sempre maggiori riduzioni d'investimenti nel campo della sicurezza, risulta essere se non debole spesso inadeguata in relazione al tipo di fenomeno criminale da fronteggiare: in altri termini la macchina per intervenire è più che sufficiente, e a volte sovradimensionata rispetto al fenomeno stesso, ma è altresì e spesso in difficoltà a causa di mancanza di precisi indirizzi politico-organizzivi in materia di prevenzione.
Da qui deve partire una moderna azione di tutela della sicurezza pubblica, ragionando in maniera razionale sulle sinergie dei fattori sociali e culturali devianti che nella loro interazione producono l'evento deviante stesso, producendo gli stati d'insicurezza in qualuque comunità, compresa la nostra .
Un processo analitico di questo tipo, potrà contribuire a stabilire una scala dei valori e delle priorità nella scelta e nella valutazione delle tipologie di atti criminali, e conseguentemente delle azioni di contrasto da mettere in essere al fine di prevenirne il sorgere di questi ultimi nel nostro territorio. 

Paolo Sannia 

Nessun commento:

Posta un commento